Dento

Giovani odontoiatri e informatizzazione dello studio: Il migliore gestionale per l'odontoiatra

Pagina 54 di 113

Assistente a Monaco di Baviera

L’amico Paolo Lesca mi ha inviato questa richiesta:

Studio dentistico a Monaco di Baviera, centralissimo,
Cerca Assistente di sedia italiana con buona/ottima conoscenza del Tedesco
Si richiede un impiego di 40 ore settimanali e flessibilità nell’orario giornaliero.
Si richiede inoltre notevole propensione all’apprendimento.
Ottima remunerazione e possibilità di crescita professionale.
In mancanza di qualifica possibilità di recupero a condizioni particolari.
Se interessata scrivere a:
Dr. Anna Vanin – praxis@vanin.de
se qualche assistente fosse interessata può contattarli via mail.

La professionalità è dell’odontoiatra non del franchising

Ospito un interessante riflessione dell’amico Paolo Gerardo:

Ciao e buone vacanze a tutti.

Avete mai notato che in tutte questi siti non compaiono mai nomi e cognomi dei colleghi che operano nelle strutture?
Perché non cerchiamo di rendere pubblica la loro persona ed eventualmente muoverci per far sì che sia un obbligo poter conoscere chi opera all’interno delle strutture nelle pubblicità ed anche nei siti? Per quale motivo la professionalità di questi collochi deve essere solo mercificata? Forse perché l’obiettivo è quello di far fidelizzare i “clienti” alla struttura e non al dentista, per questo vi è un turnover altissimo nel personale che lavora in queste strutture.
Un saluto Paolo Gerardo

Un piccolo commento prima di partire per un meritato riposo: ci stanno “sfilando” la professione da sotto ai piedi, abusivi mai scomparsi che ora sono ancora più “coperti” nei franchising, convenzioni capestro che affossano gli utili e rendono difficile per uno studio restare al passo con i tempi, associazioni di categoria silenti o conniventi…… parto e stacco la spina!

a Settembre Germano

PS: prometto che per fine anno metto sul sito una versione evoluta di Dento (anche se non ancora la 6.0)

I vecchi e i proverbi: il tempo è denaro!

Il 16 maggio ho iniziato un’articolo così: “chi meno spende più spende” dicevano i nostri nonni, e mille altri detti fino a………    Visto che la mia data di nascita mi porta verso questa categoria continuo sul filone con: il tempo è denaro! Dato che però non sono ancora rincoglionito (le mie assistenti dissentono) vi vorrei intrattenere con due dati che possono facilmente uscire da Dento.

Luglio lascia un po’ di tempo per fare due conti sull’andamento dello studio e in particolare sulle convenzioni, riporto i calcoli:

anno 2011 (dati incompleti, non avevo implementato la prima nota cassa banca e non posso riportare il costo orario)
Prestazioni totali eseguite € 287.761 delle quali € 30.260 (10,5%) derivanti da Unisalute
Fatture totali € 300.166 delle quali € 32.861 (10,9%) derivanti da Unisalute
Ore lavorate totali 1.925 delle quali 211,25 (11%) derivanti da Unisalute

anno 2012
Prestazioni totali eseguite € 262.514 delle quali € 34.594 (13,17%) derivanti da Unisalute
Fatture totali € 294.949 delle quali € 33.048 (12,9%) derivanti da Unisalute
Ore lavorate totali 1.730 delle quali 238 (13,8%) derivanti da Unisalute
Redditività oraria € 170,49
Costo orario € 134,074
Redditività Unisalute € 138,85

anno 2013
Prestazioni totali eseguite € 322.612 delle quali € 38.378 (11,89%) derivanti da Unisalute
Fatture totali € 327.625 delle quali € 40.118 (12,24%) derivanti da Unisalute
Ore lavorate totali 1.929,30 delle quali 314,25 (16,3%) derivanti da Unisalute
Redditività oraria € 169,81
Costo orario € 132,08
Redditività Unisalute € 127,66

anno 2014 al 25-07-2014 (dati incompleti, confronterò a fine anno)
Prestazioni totali eseguite € 205.921 delle quali € 31.145 (14,89%) derivanti da Unisalute
Fatture totali € 211.795 delle quali € 30.666 (12,24%) derivanti da Unisalute
Ore lavorate totali 1.317 delle quali 250,75 (19%) derivanti da Unisalute
Redditività oraria € 160,81
Costo orario € 133,48
Redditività Unisalute € 122,29

Stiamo perciò riuscendo a non aumentare il costo orario negli anni, ma la redditività oraria cala, dall’analisi delle percentuali degli studi di settore vediamo calare protesi ed implantologia (le prestazioni più care) con un aumento di Conservativa ed Endodonzia. Per questo a partire dal 2013 il ricavo orario di Unisalute non copre le spese orarie dello studio.

Abbiamo iniziato il rapporto con Unisalute per capire il funzionamento delle convenzioni (volevo anche adeguare Dento a questa situazione), per coprire le ore vuote e come possibilità di aumento di pazienti grazie all’indotto che si poteva generare. Non ci siamo mai aspettati un reddito significativo ma lavorare per generare perdite può portare solo al fallimento; facciamo alcune considerazioni sulle possibili vie da seguire:

1) chiedere che il tariffario di Unisalute fermo da 4 anni venga adeguato almeno di un 10% se non tutto almeno per conservativa ed endodonzia.
2) ridurre il tempo dedicato ad ogni prestazione, rinunciando però ad alcune cose che potrebbero essere la diga, la stratificazione dei colori, la modellazione anatomica, in poche parole diminuendo la qualità perciò anche la nostra soddisfazione nell’esecuzione del lavoro. (bisognerebbe esserne capaci)
3) cessare a malincuore una collaborazione che con un piccolo aggiustamento potrebbe essere proficua per entrambi.

A settembre, al rientro dalle ferie, presenterò questa analisi ad Unisalute, non avendolo mai fatto non so se sarà possibile avere un colloquio, ma (rimanendo in tema proverbi) tentar non nuoce!

Buone vacanze

Un intervento di Nunzio Massimo Tagliavia

Ospito volentieri il collega Tagliavia con un intervento sulla situazione dei Franchising:

Arginare o annullare il fenomeno dei troppi franchising in odontoiatria è, purtroppo, tardi. La nostra categoria avrebbe dovuto  organizzarsi almeno quindici anni fa, ma è prevalsa la “diaspora professionale”, e oggi la maggioranza degli odontoiatri pensa solo a difendere in solitudine il proprio studio. Recentemente ci sono stati dei tentativi tipo gruppi di acquisto per i piccoli-medi studi, ma non sono sicuramente decisivi per opporsi a questo stato di cose e, inoltre, credo non godano di buona salute. Sorvoliamo pietosamente sul ruolo degli ordini professionali.

A quell’epoca ci si doveva organizzare e battere i pugni sul tavolo per opporsi all’indecenza della nascita delle società di capitale, i cui vertici influenzano oggi le terapie degli odontoiatri, attraverso l’area commerciale-finanziaria; perché di questo si tratta, e non credo si possa smentire questo fenomeno.

A mio avviso, strettamente collegato alla proliferazione delle catene dentali, è la liberalizzazione della pubblicità che da informativa, ovvero nel limitarsi nel dare i recapiti del professionista, è diventata commerciale; cioè con la possibilità di pubblicare anche le tariffe e con l’utilizzo di vari supporti media. Per esempio internet, poster sul territorio, locandine, eccetera. Fin qui sembrerebbe un fatto relativamente positivo: aumento la mia visibilità e il giro di affari del mio studio, lavorando con coscienza. Ma c’è l’inghippo.

Infatti, è passato poi il concetto che la libera pubblicità metta tutti sullo stesso piano. Niente di più falso, perché chi è dotato di maggiori capitali può investire in grandi campagne pubblicitarie, con un vantaggio competitivo. Facile comprendere che lo studio medio-piccolo non può permettersi di mettere il faccione sorridente di una bella ragazza su tutti i tram della città. Pertanto, le grandi aggregazioni di capitali hanno questo  vantaggio che, se la dobbiamo mettere sul piano prettamente commerciale, dato che si suona questa musica, è una forma di grave concorrenza sleale.

Le conseguenze di questo vantaggio competitivo sono molto evidenti, ma poco note alla maggioranza di chi deve scegliere a chi affidare le proprie cure dentali. La prima conseguenza è l’alterazione della qualità percepita dai candidati pazienti.

Infatti, il messaggio pubblicitario può influenzare, in senso positivo, la percezione della qualità su un dato prodotto o servizio, prima ancora di averlo comprato o provato. È noto da tempo, come attraverso il marketing, la pubblicità abbia lo scopo di condizionare le decisioni di chi riceve un messaggio promozionale, facendo leva su processi decisionali persuasivi e, dunque, passivi e inconsci. L’equazione è evidente: più si fa pubblicità, più si fa credere che nel dato studio si pratichi un’odontoiatria migliore di altri meno visibili, proprio attraverso quei meccanismi di condizionamento inconscio.

In sintesi, il candidato paziente si crea un’opinione positiva e fa una scelta a priori non basandosi più sulla testimonianza di chi abbia già ricevuto cure da un dato professionista (fama da passaparola), oppure dopo la sua conoscenza diretta, al quale eventualmente darà la sua fiducia (rapporto fiduciario sul quale nascerà l’alleanza terapeutica).

Visto che le norme attuali (di ispirazione UE), che hanno reso questo professione una prateria per investire capitali, non si possono cambiare, a mio avviso il tema pubblicità è uno dei pochi su cui farsi sentire oggi. Ovviamente tireranno in ballo la storia che in un regime di libero mercato non si può creare una sorta di tetto pubblicitario; e che lo stesso accade nella concorrenza in altri ambiti, per quanto riguarda le disponibilità economiche per fare pubblicità.

Si potrebbero valutare azioni per far comprendere, nelle opportune sedi, che la nostra non è un’attività basata sull’etica commerciale e, quindi, su regole tipiche del libero mercato tra imprese. Paragonare la concorrenza in odontoiatria a quella tra imprese è una mistificazione. Dimostrata questa differenza, anche la pubblicità dovrà essere messa a regime con regole eque, tenendo conto che il piccolo-medio studio non può permettersi gli stessi investimenti di una catena del dentale.

Forse questo cambiamento potrebbe creare un minimo di opposizione ai franchising, e ricreare le giuste basi del rapporto paziente-odontoiatra, ripristinando la centralità del rapporto paziente-odontoiatra, non più paziente-azienda dentale e, in subordine, con l’odontoiatra.

Per concludere, una riflessione sul fiume di denaro investito dalle numerose società di capitale. È intuibile come per una clinica avere una convezione con il SSN possa essere redditizio, ma ci riferiamo a prestazioni non odontoiatriche.

Quindi, come mai c’è questa tendenza a investire nell’odontoiatria – ogni giorno si scopre un nuovo marchio – che in Italia al 90% è a carico del paziente e vive una seria crisi?

Il nostro settore è in crisi non solo perché siamo in tanti ma, fondamentalmente, perché le risorse finanziarie della popolazione si sono drasticamente ridotte, a causa della contingenza economica negativa, la cui origine è nazionale e sovranazionale.

Tutta questa convenienza delle società di capitale a investire massivamente nell’odontoiatria lascia perplessi, e il fatto che molti di questi franchising abbiano come core business i contratti di finanziamento non dà una chiara spiegazione, mentre il trattamento odontoiatrico è  solo un mezzo per sottoscriverli.

Per avere una risposta, dobbiamo rifarci all’aforisma di andreottiana memoria sul fatto che nel pensare male ci si azzecca quasi sempre?

Non resta che augurarci buona fortuna e buon lavoro.

 

Quanti (c…o) sono i franchising dentali?

Oggi, trovo davanti allo studio un enorme cartellone pubblicitario di Dooc, lo noto mentre passa la 51 ricoperta di insegne Vitaldent, allora ripenso all’altro giorno mentre accompagnavo in metrò Caterina, mia figlia, alla mostra di Klimt: pubblicità delle cliniche Giovanni Bona e di Doctor Dentist in tutti i vagoni….. sorge una domanda: ma quante cazzo sono? Aiutatemi a fare un censimento, io a braccio ed in ordine alfabetico conosco queste:

Amicondentista, BluDentalClinique, Cliniche Giovanni Bona, CareDent, Dentalcoop, Dentalpro, Doctor Dentist, DoctorOS, DOOC, Smileclin, Vitaldent.

la collega Sonia aggiunge: Odontosalute, Progetto dentale Apollonia, Socialdent, io rilancio con Welfare Italia (pare ci sia dietro el Fürmigùn).

Paolo Vicardi segnala Caredent

Roberto Manca: LCO

Attilio Venerucci: smile factory, mirò, odontoiatrika (ma forse è solo a savona)…

Andrea Oldani: Dentadent

Saverio Marino: Family Dent Care

Discutiamo su cosa fare per non soccombere al fenomeno, un unione almeno pubblicitaria non sarebbe male.

 

« Articoli meno recenti Articoli più recenti »