Parlando con amici colleghi, spesso mi capita di sentire la frase, pronunciata con malcelato orgoglio: “io non faccio marketing”. In realtà non è possibile non fare marketing, noi, il nostro studio, il nostro personale, lo stesso atteggiamento che ci porta a dire “io non faccio marketing” è marketing. C’è un bel libro di Fred Joyal, intitolato “Everything is marketing” che spiega bene il concetto. L’odontoiatra classico è in difficoltà, il web se ne è accorto, quante mail arrivano oggi da fantomatiche software house che si propongono di farci il sito internet, di modificarlo, di indicizzarlo? Sono le sirene del web marketing, quanti dopo aver fatto il proprio sito sono delusi, indipendentemente da quanto hanno speso o dalla bellezza del loro sito? Cosa si può ragionevolmente sperare di ottenere in termini di pazienti/anno da un sito bene indicizzato? Nella mia esperienza personale (e in quella di colleghi che mi hanno preceduto nell’uso del web) il 10% delle nuove visite annue, in una città come Milano, dove l’uso di internet è sicuramente più frequente che in un piccolo centro di provincia. In ottobre 2013 scrivevo questo: La forza del network…..la forza E’ il network! Non solo non è cambiato nulla ma, la differenza tra chi galleggia e chi affonda (professionalmente) è aumentata. Abbiamo sempre meno risorse per promuovere i nostri studi mentre le catene dentali spinte dagli investitori si possono permettere sempre di più. Dobbiamo soccombere o possiamo ottenere risultati decenti con un investimento contenuto? Se fate ricerche per “Studio dentistico Milano” oggi il mio studio è secondo in prima pagina e con “Dentista Milano” è quarto in prima pagina. All’anno spendo tanto quanto il vecchio riquadro sulle pagine gialle, ma c’è un modo per spendere ancora meno! Nell’articolo che ho citato si parla di Dentist4, un’avventura che mi ha visto tra i fondatori e che oggi, grazie a Slow Dentist (Genetica SRL) che ha abbracciato la nostra filosofia, sta prendendo la giusta piega per affermarsi. Slow Dentist è un portale professionale, dedicato ai dentisti che fanno della qualità la ragione della loro professione, per selezionare questi dentisti che potranno essere ospitati in Slow Dentist hanno deciso di utilizzare i disciplinari Dentist4. Secondo la visione che accomuna D4 a SD esiste un pubblico sempre più interessato alle cure di qualità, Slow Dentist vorrebbe essere il tramite, il motore di ricerca a livello nazionale, per permettere al paziente di trovare informazioni su professionisti selezionati. Con l’iscrizione a Slow Dentist possiamo essere reperiti sul web anche senza aver bisogno di avere un sito personale, nel caso l’avessimo il collegamento al portale aumenterà il nostro ranking di indicizzazione. I nostri studi ci sono da anni in cui non serviva promuoversi, non serviva essere in un negozio o avere un’insegna da barbiere, con una soluzione come questa assumiamo la forza di un network, anche fosse solo il 5% in più di pazienti li vogliamo lasciare alle catene dentali?
Quanto hai appena detto si raccorda perfettamente con il polverone che si sta sollevando per il DDL sulla concorrenza. Se interessa posso postare il mio pezzo dal blog.
Dammi pure il tuo pezzo
Germano
Decreto legge sulla concorrenza: perché interessa a tutti
In queste ore si sta discutendo l’approvazione decreto legge sulla concorrenza che imporrebbe, alle società di capitale eroganti prestazioni odontoiatriche, di avere nelle quote societarie almeno il due terzi iscritto agli albi odontoiatrici . In pratica i dentisti abilitati tornerebbero ad avere il giusto peso nella gestione di grandi strutture cliniche, cosa che finora non accadeva. I due principali sindacati di categoria ANDI e AIO sono molto favorevoli a questa novità e questa presa di posizione ha prodotto una serie di reazioni negative in particolare da due quotidiani nazionali.
Guido Scorza su “Il Fatto Quotidiano” del 25/01/2016 afferma che «una previsione che, nella sostanza, azzererebbe la portata di una delle liberalizzazioni varate, ormai oltre dieci anni fa, da Bersani e riporterebbe l’Italia indietro nel tempo, stabilendo – in assenza di qualsivoglia concreto beneficio per cittadini e mercato – che le centinaia di cliniche odontoiatre private aperte nel nostro Paese debbano necessariamente essere controllate da odontoiatri». Peccato che il giornalista Scorza ignori la realtà delle cliniche odontoiatriche di proprietà di società nate da aggregazioni di capitali. Realtà ben nota dalla maggioranza degli operatori sanitari che a diverso titolo lavorano in quelle cliniche.
È una realtà dove la figura professionale centrale nella gestione della clinica non è quella dell’odontoiatra ma di un’altra figura di natura commerciale: il financial manager, che opera secondo concetti di budget e bilanci, non interessandosi – anche perché la sua formazione professionale non glielo consente – della congruità terapeutiche dei pazienti, per lui clienti. Il financial manager presente nella gestione di queste cliniche esercita pressioni sugli odontoiatri (spesso a inizio carriera e timorosi) con obiettivi finanziari da raggiungere e insistendo affinché si concludano contratti di finanziamento. E questa è un’altra realtà, forse ignota ai giornalisti, in linea con le più moderne concezioni di marketing che possiamo definire la “modello smartphone”. Per la maggior parte degli utenti che possiedono uno smartphone è ormai noto come la funzione di telefonare in questi dispositivi non sia l’unica e che le cosiddette “app” abbiano un ruolo quasi predominante. Lo stesso accade in queste cliniche, le cure dentali sono il mezzo (come lo smartphone) per vendere preventivi e finanziamenti (le app). Dunque gli utenti che si rivolgono a queste strutture rischiano di ricevere cure di dubbia necessità e magari vincolarsi con dei contratti di finanziamenti da rispettare anche se sorge un contenzioso per cure dentali errate. Questi sarebbero i benefici per cittadini e mercato così esaltati da Guido Scorza.
Benedetta Arese Lucini sul quotidiano “Il Sole 24 Ore” del 26/01/2016 afferma che «inoltre questa decisione andrebbe a pesare sull’accessibilità alle cure da parte di una fascia di popolazione che prima non se le poteva permettere e oggi sì, grazie a una forte crescita del numero di centri odontoiatrici che ha favorito la riduzione dei prezzi, spesso a livelli proibitivi negli studi dei dentisti tradizionali». Niente di più impreciso. Basterebbe farsi solo un giro sui siti di queste cliniche per notare come le tariffe non siano così convenienti e basterebbe che farsi fare un preventivo per notare che molte tariffe apparentemente basse siano solo degli specchi per le allodole, perché il preventivo di cure alla fine presenta costi oscurati che lo elevano anche del 50% . Anche qui si fa fatica a capire in che maniera molte più persone possano permettersi le cure dentali.
Merita anche una considerazione, in mezzo a tutto questo entusiasmo per la liberalizzazione selvaggia, l’ampia disponibilità di capitali per strutture sanitarie che non usufruiscono di rapporti di convenzione dai sistemi sanitari regionali e quindi di rimborsi. In sintesi sfugge la convenienza economica su questi investimenti in uno scenario di saturazione dell’offerta. A riguardo recentemente sono stati dimostrati dubbi sulla provenienza di questi capitali per alcune catene di cure dentali. È noto infatti che il principale scopo degli investitori con capitali di origine illegale è prevalentemente quello del riciclare anche con ritorni economici modesti.
Con quanto detto fin qui non si vuole affermare che lo studio tradizionale, quello tipicamente costituito da professionisti proprietari delle strutture in cui operano non sia perfettibile. I progressi dell’odontoiatria, la maggiore informazione delle persone, la contingenza economica negativa e la concorrenza, sono alcune delle cose che da tempo suggeriscono anche una revisione del modello di studio tradizionale. È stato ormai ampiamente dibattuto che il modello di studio tradizionale – ancora prevalente nel panorama dell’offerta odontoiatrica – debba avere un approccio nuovo dove si integrino impostazioni di tipo imprenditoriale, senza però creare quella confusione di chi sia il reale responsabile di quella promessa di cura.
In sostanza, occorre ribadire che il centro dello studio è il professionista odontoiatra, non altri, anche in un’ottica di modernizzazione della gestione degli studi professionali.
Per finire diverse cose hanno prodotto questa situazione che non può essere definita un progresso per i cittadini richiedenti cure dentali: l’aver sostituito l’etica medica con quella commerciale e il fatto che nell’odontoiatria italiana da sempre si sono affacciati soggetti non autorizzati a esercitare (per esempio gli odontotecnici abusivi) e più recentemente sostenitori che sempre e comunque la libera concorrenza porti benefici. Anche a scapito della salute dei cittadini.